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[Trad] Nomi di Zeus: Nzazi

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Names of Zeus: Nzazi

Nomi di Zeus: Nzazi
Il popolo Bakongo, le cui terre ancestrali abbracciano l'odierna Repubblica Democratica del Congo, l'Angola e il Gabon, possiede una tradizione spirituale legata a Nzazi, il dio del tuono e del fulmine, che si erge come una delle figure più complesse.
Venerato sia come donatore di vita che come distruttore, Nzazi incarna il dualismo della natura e funge da arbitro morale nella religione dei Bakongo. Il ruolo che Egli esemplifica nella spiritualità dei Bakongo è più complesso, offrendo informazioni su come questa Divinità rifletta la comprensione del mondo naturale e dell'etica da parte del popolo dei Kongo.[1]

NZAMBI MPUNGU
La teologia dei Bakongo è incentrata su Nzambi Mpungu, il Dio Creatore supremo, che delega l'autorità a divinità minori e spiriti chiamati bisimbi, più o meno analoghi agli orishas:

Oxford Reference
Dio del popolo bacongo dell'Angola. Identificato con il Sole, Nzambi è auto-esistente, onnipotente, e "sa tutto". Il Bacongo dice: "Egli non è stato creato da nessun altro; nessuno oltre a Lui lo è". Nzambi, 'la meraviglia delle meraviglie', è gentile - una Divinità che 'si prende cura del povero'. Infatti, il Dio del cielo sembra mostrare gentilezza anche ai membri più indigenti della società. Incapace di malvagità o di illeciti, Egli "è giusto e misericordioso", il sovrano e sostenitore dell'universo, una fonte di bontà.

Le differenze individuali, tuttavia, sono attribuite dai Bacongo a Nzambi. Egli non solo crea gli individui, ma dà loro anche gusti e qualità dell'anima diversi. Dicono che: "Ciò che viene dal cielo non può essere contrastato". Si dice che esista una relazione speciale tra la Divinità creatrice e l'uomo, talvolta espressa come: "L'uomo è l'uomo di Dio".

Questo è un tema tipico della mitologia bantu. Si dice che Nzazi sia un bisimbi della più grande potenza.

Secondo la cosmologia dei Bakongo, l'universo ha avuto origine da un vuoto infinito e senza vita noto come mbûngi. Da questo vuoto primordiale, la Divinità suprema Nzambi Mpungu ha evocato una scintilla primordiale di fuoco, Kalûnga, che ha cominciato ad espandersi fino a riempire completamente mbûngi.

Mentre Kalûnga cresceva oltre ogni contenimento, sfociava in un'esplosione cosmica, disperdendo cataclismicamente gli elementi surriscaldati in tutto il cosmo. Questo sfogo energetico ha forgiato le fondamenta dell'universo, scolpendo le stelle, i pianeti e i corpi celesti.

All'interno di questa tradizione, Kalûnga è venerato non solo come il catalizzatore della creazione, ma anche come la forza universale che guida ogni movimento e cambiamento. La visione del mondo dei Bakongo sottolinea che la vita stessa dipende dalla trasformazione perpetua e dal movimento dinamico - principi incarnati da Kalûnga. In particolare, Nzambi Mpungu è anche venerato come Kalûnga stesso. Egli incarna il principio divino del cambiamento che sostiene i cicli cosmici e terreni.

Tali cicli sono correlati alle fasi di alba, picco[2], tramonto e invisibilità del Sole, che i popoli Bakongo correlano con tutte le fasi della vita e la creazione del mondo. Molte di queste cosmologie sono simili a quelle di Atum in Egitto, incluso l'aspetto solare del quadruplice ringiovanimento.

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I Bakongo dividono il mondo nel regno fisico di Ku Nseke e nel regno spirituale di Ku Mpèmba. Una linea di profondità misteriosa, chiamata Linea Kalûnga, separa questi due mondi. Tutti gli esseri viventi esistono da una parte o dall'altra. Si crede che gli spiriti Simbi trasportino i Kongo[1] tra i due mondi alla nascita e alla morte.

DONATORE DI VITA

In quanto portatore di pioggia, Nzazi è essenziale per i cicli agricoli. Lo stile di vita dei Bakongo è fortemente legato all'agricoltura. Considerano i temporali come benedizioni che ricostituiscono il terreno. I rituali che invocano la pioggia di Nzazi spesso accompagnano le stagioni della semina, assicurando fertilità e abbondanza. In questo ruolo, è strettamente associato al potere creativo di Nzambi Mpungu. Egli canalizza l'acqua, simbolo della vita, dal cielo.

In periodi di siccità, le comunità Bakongo si riuniscono per danzare, suonare i tamburi e cantare, invocando Nzazi affinché mandi la pioggia. Queste cerimonie spesso prevedono l'uso di campane di ferro e sonagli dal suono fragoroso.

Un mito attribuisce a Nzazi il merito di aver scavato fiumi e valli attraverso i fulmini, modellando i solchi topografici della Terra. Questo lo allinea alla creazione stessa, considerando i temporali come strumenti sia di distruzione che di rinnovamento.


TRADIZIONE ORALE
Un mito popolare narra di un capo villaggio che accumulò risorse durante una siccità, rifiutandosi di condividerle con la sua gente. Nzazi, infuriato per questo egoismo, evocò una tempesta che colpì il granaio del capo con un fulmine, riducendolo in cenere. Il capo si pentì e presto giunse la pioggia, che rinnovò la terra.

Questa storia sottolinea il ruolo di Nzazi nel far rispettare l'etica comunitaria e le conseguenze dell'avidità, ma è estremamente simile ad altri miti che coinvolgono Zeus provenienti da tutto il pianeta.

Un'altra narrazione descrive Nzazi come un guerriero che combatte gli spiriti maligni (ndoki) che causano il caos sulla Terra. I suoi tuoni sono il suono delle sue armi celesti che si scontrano con le forze oscure, mentre i fulmini illuminano il cammino verso la rettitudine.
BANGANGA
I principali esponenti della religione Bakongo sono guaritori chiamati Banganga o Nganga, che significa "esperto". Nel Regno del Kongo e nel Regno di Ndongo, in epoca rinascimentale, si diceva che i sacerdoti avessero seguito un addestramento complesso, durato anni, basato su dettagliati codici orali. Il Kongo[1] era uno dei regni più complessi e avanzati dell'Africa, incentrato sulla città di Mbanza Kongo.
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Ricevevano anche un addestramento per comunicare con gli antenati o spiriti come Nzazi. Nzazi è ritenuto importante nel guidare una persona nel suo periodo di vita verso Ku Mpémba, il mondo spirituale.

Svolsero un ruolo importante nella resistenza a João I, João II e Alfonso I, che imposero il cristianesimo ai congolesi attraverso il contatto con i portoghesi. Molti continuarono a resistere ai tentativi dei padri cappuccini di imporre il cristianesimo nel Regno fino ai primi anni del XIX secolo.

SIMBOLI DI NZANZI
Nzazi è spesso descritto come una figura canina, o un uomo circondato da dodici cani da caccia che probabilmente rappresentano le Fatiche. Mbwa Nzazi, il cane di Nzazi, è usato per controllare fulmini e tuoni, per tenere le persone lontane da ciò che possono causare.

Per i Baluba, Nzazi, "il Fulmine", rappresenta un animale. È descritto come una capra nera con una coda di pavone che produce fiamme quando viene aperta. Nelle stagioni più secche, si dice che viva all'interno di grotte, ma durante la stagione delle piogge risale in superficie. Si muove sempre come un rombo, dando origine al tuono. Spesso si lancia verso il suolo con l'obiettivo di toccare un oggetto, un animale o un uomo, per assorbirne l'energia e nutrirsi.

Il fuoco di Nzazi si manifesta attraverso fulmini che colpiscono palme e alberi da frutto.Quando vengono colpiti da questi fulmini, è proibito toccarli. Questo è determinato da Nkisi Nzazi attraverso il Nganga. Passando vicino a detto albero, Nkisi Nzazi sarà liberato dalla maledizione.[3]Gli alberi colpiti da Nzazi vengono usati come materiali per realizzare amuleti e oggetti sacri.

Nzazi è raffigurato mentre brandisce un'arma tonante, come in quasi tutte le rappresentazioni di Zeus. Questo strumento simboleggia la sua capacità di fendere il cielo e colpire la Terra con precisione.

Si ritiene che l'imponente albero di kapok attiri i fulmini. È quindi considerato altamente sacro per Nzazi. Si ritiene che il suo tronco cavo ne custodisca l'energia e spesso si svolgono rituali alla sua base.

Dopo le tempeste, l'arcobaleno (nkangi) è visto come il "ponte" di Nzazi, a simboleggiare la fine della sua furia e il ripristino della pace. L'arcobaleno è anche simbolo di molte altre divinità supreme bantu, a indicare una tradizione condivisa.

BIBLIOGRAFIA ORIGINALE IN INGLESE

Narrative of an expedition to explore the river Zaire usually called the Congo in South Africa in 1816

Por James Kingston Tuckey , Christen Smith

Two Trips to Gorilla Land and the Cataracts of the Congo, Richard Francis Burton

African-Atlantic Cultures and the South Carolina Lowcountry, Ras Michael Brown

Kongo Political Culture: The Conceptual Challenge of the Particular, Wyatt MacGaffey

Folk-lore - A Quarterly Review of Myth, Tradition, Institution, and Custom, David Nutt

NPS Ethnography: African American Heritage & Ethnography
CREDITS:
Karnonnos [TG]
[1]

ogni volta che ho trovato il termine kongo in lingua originale l'ho lasciato con la "K" nonostante aiutandomi con un traduttore automatico mi scriveva "popolo del congo" con la "C"
In quanto non va confuso con la totalità dell'attuale popolo del Congo, ma a quanto ho capito Kongo è un sinonimo di Bakongo il popolo di cui si parlava per il resto dell'articolo.

Lascio questo come fonte ma sono aperto a suggerimenti


[2] Qui ho usato picco traducendo letteralmente peak dall'inglese non mi piace molto ma ho lasciato così, il significato non letterale sarebbe 《l'ora di punta del sole, ossia quando il sole è più forte》ditemi come sarebbe meglio procedere.
[3]
ho tradotto così:
Passando vicino a detto albero, Nkisi Nzazi sarà liberato dalla maledizione


Questo era il testo originale
When passing close to said tree, the Nkisi Nzazi will be freed from a curse.

Non riesco a capire il senso di questo, perché Nzazi, dovrebbe essere liberato da una maledizione? Credo che dobbiamo indagare meglio il senso di questa frase o chiedere a TG Karnonnos
 

Grazie per le precisazioni/note.

1. Sì va bene lasciare scritto Kongo in quanto questo termine delinea sia la posizione geografica, sia l'antica civiltà dei bakongo, esistita dal XIV al XIX secolo, assieme alla loro cultura, lingua e tradizioni.

2. Proverei a proporre questa traduzione:

"Tali cicli sono correlati alle fasi di alba, massima altezza, tramonto e invisibilità del Sole".

Fatemi sapere se avete alternative migliori.

3. Io interpreto così: nel paragrafo da te citato, si parla di un Nkisi Nzazi che viene liberato (o purificato) da una maledizione. Un Nkisi è un oggetto rituale (può essere una statuetta, un intaglio, una conchiglia, ecc.); un Nkisi Nzazi è invece un oggetto rituale collegato al Dio Nzazi.

Quindi non è il Dio Nzazi a essere maledetto, ma è l’oggetto rituale Nkisis ad esso collegato, che viene poi liberato dalla maledizione quando viene accostato a un albero colpito da un fulmine scagliato dal Dio Nzazi.

In caso, se non riusciamo a formulare un'interpretazione corretta, verrà chiesto al Guardiano Karnonnos.
 

Al Jilwah: Chapter IV

"It is my desire that all my followers unite in a bond of unity, lest those who are without prevail against them." - Shaitan

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